Bentornati, ci siamo lasciati nell’articolo precedente alla prima fatwā di Bin Laden del 1996, ora dobbiamo spingerci oltre per arrivare ad un soffio da “Ground Zero – L’Occidente sotto assedio”.

 

Ground Zero – L’Occidente sotto assedio
Parte 2

Siamo al 23 febbraio 1998 e Osama Bin Laden rilascia una seconda fatwā portante la sua firma, dichiarando una jihād1 contro gli americani e i loro alleati.
Nell’articolo precedente abbiamo accennato a cosa sono le fatwā nel mondo islamico, ma non fraintendiamo, seppure interpretata quasi sempre come sentenza di condanna a morte, la fatwa può riguardare ogni aspetto della vita dei fedeli, come le norme sociali, religiosi ed economiche.

Come la prima, anche la seconda fatwā è arrivata via fax al quotidiano in lingua araba Al-Quds Al-Arabi ed oltre la firma di Osama Bin Laden portava quattro firme in rappresentanza di specifici gruppi islamisti, nello specifico:

  1. Osama Bin Laden
  2. Ayman al-Ẓawāhirī, emiro del gruppo della jihād egiziana, dal 2011 è guida di Al-Qāʿida
  3. Refa’i Ahmed Taha, appartenente ad al-Jamāʿa al-Islāmiyya. Questa approvazione è stata ritirata a causa dell’enorme impopolarità del terrorismo in Egitto.
  4. Shaykh Mir Hamza, uno jihādista islamico pakistano
  5. Maulana Fazlur Rehman, emiro del Movimento jihādista in Bangladesh

I firmatari sono stati identificati come un unico gruppo denominato “Fronte islamico mondiale per la Jihad contro ebrei e crociati”. Detti i firmatari va detto anche il contenuto, e come prevedibile è un attacco agli americani.

I firmatari lamentarono la corposa presenza militare americana nella penisola arabica, del blocco dell’Iraq e del sostegno americano allo stato di Israele (contro la Palestina). Per arginare le posizioni americane si arrivò a proposte drastiche come fornire l’autorizzazione religiosa per l’uccisione indiscriminata di americani ed ebrei ovunque e in qualunque momento. Ricordiamo che siamo 6 mesi prima degli attentati alle ambasciate e oltre 3 anni dall’attacco interno gli USA: Torri Gemelle e Pentagono.

Il Fronte Islamico Mondiale ha inoltre elencato le azioni compite da americani reputate essere in conflitto con il presente “ordine di Dio”, e tale motivazione era sufficiente per uccidere americani e alleati, civili e militari, uomini e donne, bambini e anziani, ed anzi era un dovere individuale per ogni musulmano che potesse compierlo in qualsiasi paese in cui fosse concesso farlo.

La Commissione nazionale sugli attacchi terroristici agli Stati Uniti2, nata per i fatti dell’11 settembre ha usato la seconda fatwa come prova che collegava Osama bin Laden, Ayman al-Zawāhirī e al-Qā‘ida agli attacchi dell’11 settembre 2001.

 

Dai su, basta parlare di dichiarazioni vogliamo fare un ulteriore passo avanti, avete nominato spesso gli attentati alle ambasciate del 1998, ma cosa c’entrano con l’11 settembre e soprattutto perché sono così rilevanti in questa vicenda? Bene, facciamo chiarezza.

 

È l’estate del 1998, per la precisione il 7 agosto, e due attentati colpirono le ambasciate statunitensi di Kenya e Tanzania. Rivendicati da al-Qā‘ida nella figura di Osama Bin Laden furono una carneficina con il tragico conteggio di 224 morti e oltre 4000 feriti.

Le ambasciate si trovavano nella capitale kenyana Nairobi e a Dar es Salaam, capitale della Tanzania fino al 1996 che però rimane tutt’ora centro più grande del paese.

Alle 10:45 locali, in contemporanea ad oltre 650km di distanza più bombe esplosero danneggiando in minor parte l’ambasciata in Tanzania mentre in modo serio e irreversibile l’ambasciata in Kenya compresi gli edifici vicini; complessivamente furono poco più di 10 le vittime statunitensi ed il resto tutti locali.

Non furono di certo le prime intimidazioni e i primi attacchi di al-Qā‘ida e Bin Laden (intanto arrivato alla notorietà in occidente) nei confronti degli americani, ma era chiaro che le azioni si facevano sempre più violente. A questo punto scattò l’allarme rosso in tutto il mondo, con controlli anche nella sede dell’ambasciata USA a Roma.

Sotto la presidenza Clinton3 vennero messi alcuni tra i più rilevanti terroristi sulla lista delle persone più ricercate negli Stati Uniti, tra cui per la prima volta Bin Laden, Ayman al-Ẓawāhirī e Abdullah Ahmed Abdullah considerato il più esperto pianificatore operativo di al-Qā‘ida e secondo nella scala verso il vertice dell’organizzazione.

A dirla tutta gli attacchi, anche se spesso ricordato solo quello di Nairobi furono si rivendicati da Osama Bin Laden, ma egli stesso non fornì mai le precise motivazioni per il quale arrivo ad organizzare tali brutalità, e la risposta militare statunitense non tardò ad arrivare con Bill Clinton che diede ordine di bombardare obbiettivi militari strategici in Afghanistan e Sudan 13 giorni dopo l’attacco terroristico.

Non bastò mostrare gli abbondanti muscoli americani per risolvere i problemi, infatti i bombardamenti più che risolvere le questioni aperte peggiorarono la situazione in Sudan dove venne colpita una fabbrica farmaceutica che da sola riusciva a coprire quasi il 50% del fabbisogno locale. Furono proprio gli italiani, impiegati della fabbrica, a sbugiardare gli americani che cercarono di giustificare la cosa inventando prove che nella fabbrica venivano prodotte armi chimiche illegalmente.

 

Ora tutto inizia e chiarirsi e le date incominciano drasticamente ad avvicinarsi a quel fatidico giorno, ma ora voglio sapere chi diede l’idea di attaccare gli Stati Uniti direttamente nel loro territorio nazionale.
Ok, allora un ultimo sforzo di attenzione e concludiamo l’articolo.

 

Ricapitoliamo un attimo, con la seconda fatwā era stata di fatto dichiarata una guerra santa contro l’occidente e sempre nel 1998 due attentati devastano le ambasciate statunitensi.

«…per oltre sette anni gli Stati Uniti hanno occupato i territori dell’Islam, il più sacro dei luoghi, la penisola araba, saccheggiando le sue ricchezze, dando ordini ai suoi governanti, umiliando la sua gente, terrorizzando i suoi vicini e trasformando le sue basi nella penisola in un avamposto tramite cui combattere i popoli musulmani vicini.» fonte: Wikipedia

Solo un anno dopo, nel 1999, il capo di Al-Qāʿida accuserà gli americani di essere troppo vicini alla città santa di La Mecca4, e questo era una chiara provocazione al nemico mondo musulmano, allora ecco riportato un altro passo della fatwā:

«…l’ordine di uccidere americani e i loro alleati, civili e militari, è dovere di ogni musulmano che può farlo, in ogni nazione in cui è possibile, al fine di liberare la moschea di al-Aqṣā e la santa moschea di La Mecca dalle loro mani, e affinché le loro armate se ne vadano dalle terre dell’Islam, sconfitti e incapaci di minacciare nessun musulmano.» fonte: Wikipedia

Lo stesso Bin Laden dichiarò che l’idea di colpire un edificio, in particolare le Torri Gemelle è da ricercare nella Guerra del Libano del 1982 quando gli edifici più alti vennero bombardati dagli israeliani.
Il clima si stava facendo rovente e un attacco era già nella mente di molti terroristi, anche di Khalid Shaykh Muhammad la vera mente degli attentati dell’11 settembre che lui stesso propose a Bin Laden e che approvò nel 1999 dando il via libera alla macchina organizzativa.
Il capo di Al-Qāʿida fornì tutto il supporto economico necessario e assunse la leadership della “missione” al punto che scelse lui stesso i dirottatori.
A luglio 2001, Muḥammad ʿAṭā al-Sayyid (capo de dirottatori) incontrò Ramzī bin al-Shibḥ, uno dei finanziatori degli attentati, in territorio spagnolo per stabilire i dettagli del piano compreso i più importante: dove e cosa colpire.

Certo è che l’America cambiò come mai nella sua storia, mettendo in discussione le sue stesse libertà mentre il Medio Oriente implose su sé stesso. Probabilmente l’11 settembre ha aperto gli occhi sulla questione statunitense e sul loro ormai ex primato globale.

 

E dopo?

 

Osama bin Laden non era sicuramente stato in grado di pianificare anche il dopo attentato e la reazione americana, 5 giorni dopo l’attentato è celebre il discorso di George Bush5 con un megafono sulle macerie a Manhattan con un vigile del fuoco vicino. Il presidente Bush pronunciò la frase “war on terror”. Passa meno di un meso e l’esercito statunitense inizia l’offensiva in Afghanistan, casa di Al-Qāʿida (vi ricordate la prima parte del nostro speciale?) e dimora dei Talebani che rifiutavano di consegnare i loro capi.

I media e l’opinione pubblica si paralizzarono, criticare l’operato di Bush accusandolo di una cattiva gestione di quella che era una vera e proprio emergenza veniva percepito come un tentativo di difesa e appoggio a Bin Laden e al regime dittatoriale di Ṣaddām Ḥusayn6 (Iraq), anche se dell’ultimo non tratteremo.
Il Campidoglio americano era spaccato in due tra chi avevano votato a favore di interventi militari (di fatto guerra in Iraq) tra i quali l’assai discutibile Joe Biden7. Negli anni successivi molti deputatati ritrattarono la propria posizione per paura di una “War on terror” per lo stesso sistema americano.

Alle elezioni del 2004 vinse di nuovo il repubblicano Bush e le strategie adottate dopo l’11 settembre continuarono a far danni per altri quattro anni.
Osama Bin Laden fu ucciso 10 anni più tardi, il 2 maggio 2011 dai Navy SEAL8 ad Abbottabad, in Pakistan con un’azione mirata che assicurò la morta del terrorista, Ayman al-Zawāhirī diventerà guida di Al-Qāʿida.

 

Grazie per l’attenzione, lo speciale continuerà l’11 settembre con una produzione originale di Antonio Pio Guerra.

 

 

[1] La guerra santa contro gli infedeli
[2] Nata il 27 novembre 2002 il per redisporre un completo resoconto sulle circostanze in cui avvennero gli attentati dell’11 settembre 2001
[3] Presidente degli Stati Uniti dal 20 gennaio 1993 al 20 gennaio 2001
[4] Città dove nacque il profeta Maometto e la religione stessa, considerata quindi la città più sacra del mondo islamico
[5] Presidente degli Stati Uniti dal 20 gennaio 2001 al 20 gennaio 2009
[6] Presidente dell’Iraq dal 16 luglio 1979 al 9 aprile 2003
[7] Presidente degli Stati Uniti dal 20 gennaio 2021
[8] Le forze speciali della United States Navy, usate per particolari interventi

 

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