“Prima mi vestivo Alcott mo investo in un altro stato, penso che andato tutt’ok se ripenso a come stavo“
É l’inizio dell’insurrezione. A 3 anni dalla hit banger “Rozzi” e dopo un percorso di featuring e singoli, Paky esce con il suo primo album “Salvatore”. Il rapper, originario di Secondigliano, trasferitosi poi a Rozzano nell’adolescenza, mantiene nei suoi pezzi la verve verace napoletana, non distante da quella dei suoi colleghi partenopei del collettivo SLF.
Dalla strada per la strada, Paky crea un prodotto che, oltre ad essere un disco musicale, è una storia raccontata attraverso i brani. I rimandi ai film che mostrano i malfamati ambienti criminali di opere del genere dramagangsta come “La Haine” o “Banlieusards” sono facilmente riconoscibili.
I video musicali dei singoli usciti sul canale YouTube sono dei veri e propri cortometraggi, dove il rapper è il protagonista dell’ambiente delinquenziale. In “Blauer” appare come spacciatore, in “Mama I’m a Criminal” come rapinatore e, per chiudere il cerchio, in “Storie Tristi” come imputato e poi come carcerato. Queste storie, trasmesse attraverso musica e video, fanno apparire il rapper non solo come criminale, ma come vera e propria pedina di un gioco mortale fra pistole e lacrime.
Chi Ha Salvato Paky? (i Featuring)
I feat del disco sono stati annunciati attraverso cartelloni pubblicitari apparsi tra Milano e Rozzano con scritto il nome dell’artista della collaborazione accompagnato dal “mi ha salvato”.
I nomi nel disco di Paky non possono che non essere fra i maggiori della scena italiana. La prima collaborazione in ordine cronologico all’interno della tracklist è quella di Marracash nel brano “No wallet“, seguito dalla hit con Shiva in “Star“. Fra i brani più gangsta di certo è presente “Vivi o muori” con la miglior voce da blues di Guè che parla sia dei suoi amici che del futuro di sua figlia. Il feat col suo amico e collega Geolier, intitolato “Comandamento“, è un classico brano partenopeo pronto ad essere pompato nelle Smart e nelle Panda sulle strade “Nderr Merg”. “Comandamento” è il tipico pezzo con attitude da Gomorra e con ritornello cantato in un dialetto napoletano da parte di Geolier. Gli ultimi due artisti, Luchè e Mahmood, compaiono nella medesima traccia “Giorno del giudizio“, la più pop di tutto il progetto rozzanese.
In un Album di 17 tracce, di cui solo 5 di queste con feat, l’ascoltatore non sente la mancanza di qualcosa in quelle dove il rapper è solo. Ciò è indice del fatto, che Paky da solo “spacca comunque”.
Il Bronx in Italia
“Stron** vuoi fare la fine di Biggie? La fine di Pac?”
Sebbene si attendesse un album dal rapper, nessuno poteva immaginare che uscisse un prodotto così fresco, originale e completo da parte del giovane artista. Alcune frasi scritte e cantate, dimostrano non solo una grande maturità, ma anche un certo acume nel dedurre le situazioni personali degli altri, non sempre per scopi nobili (quasi mai). I suoni all’interno del disco sono fra i più nuovi sentiti ultimamente, con qualche rimando ai classici dell’Hip-Hop americano e piccolissimi richiami Jazz e Blues.
La condizione criminale raccontata da Paky è molto più similmente organizzata alla maniera delle gang americane del Bronx o Detroit aggiungendo un po’ di fine eleganza criminale all’italiana, comunque non troppo distante dalle efferatezze presenti in Gomorra o Suburra.
Dai rimandi al sopracitato “La Haine” e anche al celeberrimo “Blow”, Paky si dimostra un vero e proprio esperto di criminologia. Si spera solo che, prima che sia troppo tardi, salvi se stesso.
