“Nell’apparenza stavo perdendo la mia essenza. Il diavolo mi lascia un filo d’aria, poi taglia il filo di Arianna.”
Sono anni che Tedua ha svelato di star lavorando a “La Divina Commedia”. É proprio dall’uscita di “Vita Vera- Mixtape, aspettando la Divina Commedia” del 2020 che ai fan è stato ufficialmente preannunciato il capolavoro. Il nome, dalla chiara ispirazione dantesca, può essere interpretato sia come condanna che come coraggiosa assoluzione. Il grande richiamo all’opera letteraria, con l’intento forse di emulare Dante, si propone come una già conclamata sfida impossibile.
I beati e i dannati del nuovo millennio danno un senso a titolo, grafiche e alle piccole sfaccettature e rendono “La Divina Commedia” il palco dove si compie una critica sociale rivolta a tutti.
Nel progetto non si percepisce la pretesa o la superbia di mettersi a paragone con Dante Alighieri, ma, al contrario, si esaspera lo stile umile e comico, rendendo i testi alla portata di tutti. Le produzioni invece rispecchiano pienamente il mood sublime che Dante propone nei suoi canti (soprattutto in quelli infernali). Il tono sontuoso, ma allo stesso tempo capace di instillare disagio nell’ascoltatore, ha l’effetto di conquistare l’orecchio, tenendo l’attenzione sospesa fino alla prossima traccia
Un disco da estetica e suoni calcolati, intenti a richiamare le sensazioni che trasmettono il demoniaco e il divino. Uno studio meticoloso di fotografia, pose e filtri è visibile a partire dalla copertina, disponibile (per ora) in due varianti “Inferno” e “Purgatorio”. C’è da notare che la maggior parte delle grafiche è curata e ispirata alla Divina Commedia.

L’inizio dell’inferno
“Mandami luce infondo negli inferi. Mi confonderai fra la gente.”
Il racconto tra cielo e terra inizia a dispiegarsi con “Intro La Divina Commedia“. Tedua, come Dante, inizia a descrivere il senso di smarrimento che si prova nella stressante quotidianità di chi è continuamente tentato dal diavolo, ma cerca di sfuggirgli, fra successi e fallimenti. Il testo si frastaglia di citazioni classiche, con assidui riferimenti ai miti greci, e più saltuari ma efficaci richiami alla Divina Commedia. In queste liriche l’opera dantesca è considerabile come una cornice del quadro su cui porre attenzione.
“Questa non è musica, questo è il mio martirio. Un istante di chiarezza in un ventennio di delirio.”
Già al secondo brano Tedua decide di alzare notevolmente il livello di racconto e story telling, nonostante un’inefficace e impertinente ritornello di Baby Gang. “Paradiso Artificiale” è una più verosimile, dettagliata e strutturata analisi di un nuovo tipo di dannati e di gironi infernali. La base si fa impalcatura per le strofe crude degli artisti che la riempiono. Kid Yugi, infatti, si lancia a capofitto nella descrizione e si sogna reincarnato all’Inferno in un corpo massacrato, pieno di spine e sanguinante. Immagina così, in modo del tutto originale e personale, una nuova legge del contrappasso (probabilmente riferita ai dipendenti di ketch), citando al contempo Dante e le pene riservate ai violenti contro se stessi.
Direttamente dall’ultimo girone dei dannati, la skit di Noyz Narcos fa da preparativo alla strofa di Tedua. Degni di nota sono i riferimenti al tempo che scorre inesorabile e agli orologi di lusso che, nonostante l’elevatissimo costo, non sono comunque in grado di dirti quando morirai.

“Auguro a tutti voi che la vostra umiltà non si trasformi in insicurezza,
e che la vostra sicurezza non si trasformi in arroganza”
Dopo aver notato la violenza latente che impera ai giorni d’oggi in “Malamente“, Tedua cita la sua “Sangue Misto” mentre sogna il proprio contrappasso infernale, con il corpo ricoperto di sangue sulla schiena. Prosegue poi dedicando questa canzone a tutti i ragazzi che crescono in strada, ricordando che l’ambiente street può essere molto peggio di ciò che si immagina. Da “Hoe” inizia il processo di caduta libera verso il nulla. Si passa dalle disamine dei gironi infernali al più frivolo racconto di donne di malaffare, vedendo la calzante collaborazione di Sfera Ebbasta.
Si recupera il tono solenne e riflessivo dell’album, con “Angelo All’Inferno“. A ri-elevare il mood e l’ispirazione sono fondamentali gli interventi sia di Federica Abbate che di Salmo. Tedua ci ragguaglia sulla sua scalata musicale, citando le tre fiere alle pendici del colle della virtù. Salmo invece rivela i lati dannati e divini della vita, approfondendo con creatività il senso del detto “per risalire bisogna toccare il fondo”.
L’ascesa continua accanto a Geolier. Le drammatiche metafore che Dantedua sfrutta per toccare nel profondo sono il punto centrale di “Mancanze Affettive“. Geolier, che di sofferenza ne ha patita tanta, riesce a completare il concetto teduista con la sua esperienza personale.
“Io e Te siamo nella stessa direzione ma lontani tra la disperate grida dei dannati.”
Secondo Tedua, una via di fuga dall’inferno è l’amore, di cui però la travagliata storia è raccontata nelle note di “Red Light“. In questo brano le citazioni alla Divina Commedia sono praticamente inesistenti, ma, qualora ci fossero, sono rese in modo criptico. Per ballare pop anche nelle bolge infernali, Tedua chiama Lazza a rappare sull’ipotetica fine del mondo, con “Volgare“. Questo brano sembra porre fine ai canti dell’Inferno, spostandosi in Purgatorio.

Non si sale in Purgatorio se si è affezionati all’Inferno
“L’orgoglio è troppo avaro, non sopporta mai il confronto. Mi conforta ma confondo questa gioia col denaro.”
Questa disamina sociale si fa forza con un racconto introspettivo anche dei bassifondi milanesi grazie all’occhio diabolico e lucidamente malinconico di Guè. Il pezzo “Scala Di Milano” alterna i suoi protagonisti dai facoltosi frequentatori della Scala di Milano ai ragazzini nei vicoli che “si fanno di eroina”.
Per un’introspezione che supera di poco il Limbo e si affaccia ai cieli paradisiaci, nessuno eguaglia Marracash. In questi versi, il king de rap sembra il giusto accompagnatore per muoversi sulla Pietra di Bismantova con la consapevolezza di Virgilio, ma con la stessa dignità di Beatrice. Interessante come Marra nota come l’artista del 2023 è costretto a produrre nuova musica ogni anno per non finire nel dimenticatoio.
In “Soffierà“, Tedua cita il canto V dell’inferno, ambientato nel girone dei lussuriosi. É in questa canzone d’amore che i riferimenti al racconto di Paolo e Francesca si possono notare con chiarezza, a partire dal beat, fino alle descrizioni del burrascoso vento che soffia.

“Vedo il mondo un po’ sfocato. Dentro a un calice spezzato quante lacrime ho versato.”
Il pezzo che rientra più nello stile di Tedua è “La Verità“. Il viaggio che si ambienta poco fuori al Purgatorio propone una visione introspettiva del mondo caduco, destinato ad una qualsivoglia fine, arricchito dai ritornelli dei bnkr44, e da una skit di Robin Williams nell’intermezzo prelevata dal film “Will Hunting – Genio Ribelle”.
Il tema del dubbio sulla fisicità dei corpi in Inferno e Purgatorio è ripreso in “Anime Libere“. In questo pezzo, l’artista è accompagnato dai suoi due amici di sempre Bresh e Rkomi. Un brano più spensierato, più leggero e rilassante, che ha un carico emotivo non indifferente. Insomma, “Anime Libere” è un inno all’amicizia tra i tre che, per fortuna, perdura ancora oggi.
Tedua ringrazia tutte le persone più importanti del suo percorso artistico in “Lo Fi For U“. Menziona Charlie Charles, Ghali, Cris Nolan, Izi, Rkomi, ed infine ringrazia se stesso.
Oltre alla Divina Commedia, è giusto che l’artista citi i suoi lavori scorsi, ed è in “Bagagli (Improvvisazione)” che Tedua cita e omaggia il suo primo album “Orange County California”. Questo pezzo è una strofa in freestyle dove il rapper apre il cuore. É qui che spiega come si sia messo a studiare le tecniche per migliorare la sua scrittura, perdendo di spontaneità in favore di un metodo meno istintivo e più scolastico. Per concludere, in “Outro Purgatorio“, Tedua inizia a varcare la porta del Limbo. In questi due ultimi brani, l’introspezione passa dall’essere solo artistica a divenire anche personale.
“La Divina Commedia” volge al termine, con una simbolica ascesa verso il Paradiso, lasciando ben sperare ai fan per una deluxe paradisiaca ricca di nuovi brani, di nuovi feat e con altri pezzi ancora più introspettivi e riflessivi.

E il Paradiso?
“Il mio vissuto è nel tessuto della strada.”
Il disco si chiude per ora con l’uscita dal Purgatorio artistico e personale di Tedua, ma non c’è ancora un vero ingresso nel Paradiso. Infatti l’album, dopo 5 anni d’attesa, è stato rilavorato così tante volte che, per esigenze di marketing, è arrivato nelle case di tutti sotto questo formato. Sicuramente una scelta saggia quella di non dedicare un pezzo ad ogni canto, ma allo stesso tempo poco felice per gli affezionati.
“La Divina Commedia”forse doveva essere un prodotto del tutto diverso. É inevitabile notare la presenza di alcuni feat “forzati” che seguono le tendenze del momento, ma c’è da ammettere che questi “riempitivi” sono stati ben congegnati e studiati.
“Giro coi ne*ri africani, mica ne*ri americani. Sono più ne*ro dei ne*ri italiani.”
Nel disco non appaiono particolari filler, tranne forse il ritornello di Baby Gang, completamente fuori tema, per il pezzo “Paradiso Artificiale”. Anche “Hoe” con Sfera Ebbasta va fuori contesto “Divina Commedia”, ma ci si rende conto che un concept album basato interamente sull’opera dantesca possa risultare pesante. Il progetto non è esente da difetti, ma la tracklist è incalzante, fra suoni, metriche e flow che tengono sempre alta l’attenzione, invogliando ad arrivare alla traccia successiva. Tedua, qui, propone solo un affaccio sul suo Paradiso, perché quello vero ancora deve scendere in Terra.